che si occupano di cose ben poco prioritarie ma ad alto tasso di popolarità italopiteca ( = non costano nulla e/o fanno ulteriori danni)
rispetto a tanto altro che veramente conta (ma che richiede risorse non più disponibili in un Paese stra-indebitato ed in Declino da 35 anni, che continua a rifiutare di evolvere)
Nota: sapete bene che come libertario penso che tutta la politica italiana oggi rappresenti una via del declino per le ragioni che vi spiego da tempo...ma al peggio non c'è veramente mai fine...
Nota2: il livello della cazzata del giorno certe volte riesce persino a scadere sotto al livello da bar sport...ma purtroppo Salvini ha buon fiuto e sa come far "sfagiolare" massimamente la massa italopiteca che si esalta per 'ste cose :-)
Intanto là fuori... nel Mondo reale...
FallitaGlia è l'unico PIIGS rimasto (chissà come mai?....)
che rischia persino di rallentare ulteriormente.
NON PERDERE i miei post che già vi anticipavano tutto (e non avevo nemmeno ancora calcolato la variabile ulteriormente depressionaria "Giggino genio economico e difensore dei poveri")
- Giugno 2017: Ve li ricordate i PIIGS? Ne è rimasta solo una "I"... e non è l'Irlanda ;-)
- Persino in un contesto globale/monetario "miracoloso" FallitaGlia al massimo riesce a galleggiare (ma già si vedono i primi segnali di rallentamento...)
- FallitaGlia = il Venezuela d'Europa #tictactictac
- Persino in un contesto globale "miracoloso" FallitaGlia al massimo riesce a galleggiare...
- #tictactictac = La breve pausa nel Declino di FallitaGlia sta per esaurirsi = sono in arrivo tempi molto duri...per chi non si è attivato in tempo
tanto si sta persino andando nella direzione esattamente opposta
e la maggioranza addirittura consapevolmente od inconsapevolmente vuole la Decrescita mantenendo però lo stesso livello di servizi, welfare, benessere ;-)
#BUONPROSEGUIMENODIDECLINO
#FALITAGLIAVENEZUELADIEUROPA
#NOHOPEFORTHISITALY
vedi mio post: E ci voleva un pragmatico anglosassone per riassumere in 4 righe perchè in FallitaGlia il Declino è Irreversibile...
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Disastro crescita: l’Italia è sempre più ultima in Europa, ma non frega niente a nessuno
da linkiesta
Le previsioni economiche per il 2018 e per il 2019 indicano che non solo saremo (al solito) ultimi per crescita del Pil, ma che la distanza dagli altri continuerà ad ampliarsi: eppure in Italia si parla tutto fuorché di questo.
Benvenuti in un Paese che muore di inconsapevolezza
Ultimi. Anzi, più che ultimi, con un distacco dalla penultima che aumenta di anno in anno.............
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Ultimi quando tutti crescono e ultimi quando tutti decrescono.
Sono i dati del quadro previsionale della Commissione Europea e certificano, nonostante i dati positivi degli ultimi anni, che la nostra economia viaggia davvero a un ritmo diverso da tutte le altre, come se fossimo una macchina col motore in avaria, o con una ruota in meno.
I dati, dicevamo, raccontano che nel 2018 chiuderemo con una crescita dell’1,5%, contro una media della zona Euro del 2,3% e una media dell’Unione Europea del 2,5%.
Andrà ancora peggio nel 2019, dove i Paesi con l’Euro cresceranno del 2%, quelli dell’Europa a 27 del 2,2% e noi ci fermeremo all’1,2%.
Peggio di noi nessuno.
Sotto il 2% - parliamo delle previsioni 2019 - solo il Belgio e la Francia, comunque un buon mezzo punto avanti.
Gli altri PIGS che viaggiano dal 2% del Portogallo al 4,1% dell’Irlanda, passando per il 2,4% della Spagna (che viene da anni a +3,5%) e il 2,3% della Grecia.
Colpa dell’Euro?
Difficile, visto che quelli che ce l'hanno esattamente come noi, crescono molto più di noi.
Dell’austerità?
Nemmeno, visto che chi l’ha “subita” - non solo i Paesi mediterranei, ma anche quelli del nord come Germania e Finlandia che se la sono auto-imposta, viaggiano molto meglio di noi.
Del mercantilismo tedesco e del suo surplus commerciale?
Difficile sostenerlo, visto che i tedeschi crescono sotto la media europea, e che se c’è una cosa che cresce alla grande è proprio il nostro export.
No, cari.
I dati raccontano proprio questo: che non c’è mezzo alibi a disposizione, a questo giro.
Se siamo ultimi in Europa è per problemi nostri.
È perché abbiamo un debito pubblico stellare, ad esempio, checché ne dicano i piazzisti del modello giapponese, quelli secondo cui dovremmo indebitarci come se non ci fosse un domani.
Un debito che non ci consente di fare nessuna politica espansiva efficace, senza pagarne gli effetti.
È perché abbiamo speso un sacco di soldi per caricarci sulle spalle fardelli insostenibili.
O perché non siamo attraenti per gli investitori, esteri e italiani, a causa dell’incertezza del diritto, di tasse troppo alte, di una burocrazia settecentesca, della criminalità organizzata.
O ancora, perché siamo ostili all’innovazione, al punto da spingere i giovani ad andarsene, dopo averli formati, purché non si azzardino a toccare nulla, a non cambiare nulla.
Anche, è a causa di scelte politiche sbagliate.
Lo possiamo dire o no, che questi dati certifichino il fallimento di tutte le politiche per la crescita degli ultimi sette anni almeno, dalla fine della crisi dello spread a oggi?
Che pur con tutte le migliori intenzioni gli ottanta euro non hanno rilanciato i consumi, il jobs act non ha rilanciato gli investimenti privati e l’occupazione, e industria 4.0 non ha fatto crescere produttività e salari, non abbastanza, perlomeno, per accorciare le distanze col resto del continente, che invece si sono ampliate?
Se non abbiamo l’onestà di ammetterlo, come potremo provare anche solo a ragionare di strumenti e strade nuove?
Di fronte, non abbiamo niente di divertente, peraltro.
Il 35% degli investitori interpellati da un sondaggio Bank of America e Merrill Lynch - più di uno su tre - hanno dichiarato che nell’ultimo mese avrebbero deciso di ridurre la loro esposizione in Italia.
Peggio di noi, solo il Regno Unito, a causa della Brexit, giusto a ricordarci come finiremmo nel caso di uscita dall’Euro, altro spauracchio che evidentemente agita i sonni di chi vuole mettere del grano in Italia.
La cosa più buffa di tutte, però, è di tutto questo in Italia non si parla più.
Del resto, non conviene a nessuno.
Non a chi ci ha governato sinora, piazzista di retoriche sul Paese ripartito che non si sono rivelate tali.
Non a chi governa, che di tutto si sta occupando fuorché di crescita e che anzi, per mano del suo ministro allo sviluppo economico, licenzia decreti dignità in cui si dice candidamente che farà diminuire i posti di lavoro - robetta: 8000 in dieci anni, ma non si era comunque mai visto - e che decide di ridiscutere un accordo firmato di rilancio e bonifica dell’Ilva di Taranto, uno dei più grandi investimenti esteri in Italia degli ultimi anni, in una terra maledetta e senza alternative.
Segnatevelo: l’esasperazione sociale, il rancore, la rabbia e la paura arrivano tutte da qua.
Da un’economia malata, che non riesce a crescere di almeno due punti l’anno dall’inizio del millennio.
Da un sistema Paese che preferisce tenersi tutti i suoi sprechi e tutte le sue inefficienze, anziché curarla.
Da una cultura dell’alibi che produce capri espiatori in batteria - l’Euro, la finanza, i tedeschi, i migranti - pur di non mettere in discussione alcunché.
Del resto, tra trent’anni, in Italia non ci vivranno né gli anziani, né i giovani.
Perché occuparsene, no?
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