Quanto valgono realmente azioni e obbligazioni?
Che relazioni hanno con i fondamentali economici?
Nessuna....
Il 2016 è cominciato male.
Ribassi di borse, di materie prime in un contesto geopolitico sempre più teso.
E purtroppo la situazione non migliorerà.
Non è pessimismo, è matematica certezza.
Coloro i quali, ottimisticamente dal 2015, avevano aspettative di ripresa economica non si sono mai posti queste domande elementari: esistono i presupposti per una ripresa?
E quali sono?
Dopo aver riflettuto, avrebbero dovuto darsi questa risposta: non ci sono i presupposti di una ripresa, esistono solo le condizioni di un aggravamento della crisi.
Uno dei primi segnali di ripresa è la diminuzione del debito.
Ma il debito globale è a quota di $230 trilioni, aumentato di ben 57 trilioni rispetto al 2007 a fronte di un prodotto globale di $77 trilioni, senza includere il debito potenziale costituito dai derivati, multiplo di quello ufficiale, che diventerebbe effettivo nel caso di default del debito principale.
Nessuno con un minimo di cervello funzionante può pensare che una crisi da debito possa risolversi facendo lievitare sempre più debito e allo stesso tempo aspettarsi una ripresa.
Non c’è crescita di prodotto mondiale che possa ..................................................
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ridurre un debito di tre volte superiore con interessi che aumentano più velocemente del prodotto lordo.
Il debito è aumentato a causa degli effetti moltiplicativi dei $15 trilioni di credito riversati nel sistema dalle banche centrali.
Non hanno avuto alcun effetto espansivo reale perché sono stati emessi per puntellare le posizioni pericolanti dei governi e quelle speculative e altrettanto pericolanti del settore bancario e finanziario.
Invece di curare hanno prolungato e peggiorato la malattia.
Deficit e espansione monetaria hanno distorto il meccanismo informativo dei prezzi che non segnala più valori reali.
Quanto valgono realmente azioni e obbligazioni?
Che relazioni hanno con i fondamentali economici?
Nessuna
e il sell off delle borse all’inizio di quest’anno è il sintomo di questo enorme gap tra realtà finanziaria e economica.
Le crisi sono fenomeni di rettifica e adattamento dei valori finanziari a quelli economici sottostanti e iniziano sempre con processi di liquidazione.
Liquidare significa disfarsi di attività finanziarie contro denaro per cercare di pagare i debiti.
Questo fenomeno generale di preferenza per la liquidità, che di solito porta al panico, è già in corso? Se così fosse, ci si accorgerà che il mercato diventerà presto illiquido perché il volume di attività finanziarie posto in vendita sarà tale che non si troveranno compratori se non falcidiandone i prezzi.
Se i valori crollano, il collaterale necessario per ottenere credito evapora.
E quando questo succede ci sono fallimenti a catena.
Nel 2008 si è avuto un assaggio del fenomeno che è stato chiamato grande recessione.
Cosa succederebbe se il processo di liquidazione si estendesse ai titoli sovrani, il fondamento del sistema monetario e finanziario?
Il fenomeno si chiamerebbe grande depressione 2.
Ripresa significa incremento dell’attività produttiva dopo una fase di ristagno o di depressione.
La diminuzione della pressione fiscale dovrebbe essere un altro presupposto fondamentale della ripresa.
Perfino Keynes sosteneva che in tempi recessivi la prima cosa da fare è ridurla drasticamente.
Siccome oggi, il livello medio è quasi dappertutto del 50%, nessuna crescita può essere stimolata. I governi hanno invaso le economie appropriandosi di metà del potere di spesa che dovrebbe essere destinata a investimenti per incrementare l’attività produttiva e cercare di diminuire il debito.
Gli indici di produzione industriale sono in calo dappertutto ma i governi non abbasseranno mai le tasse.
Anzi è in atto una caccia spietata ai redditi da tassare.
Hanno allentato il loro potere di regolazione?
No, hanno adottato misure sempre più repressive, dal controllo dei capitali ai “bail in” ed altre sono allo studio.
Credono, con tali misure di infondere fiducia nel futuro economico?
Il “bail in” non è sintomo di una crisi, è la conferma del collasso bancario.
Sostanzialmente il capitale delle banche che garantisce i depositanti, non esiste più sia perché a debiti impagabili si contrappongono crediti illiquidi, sia perché anche i titoli sovrani, voce portante del loro attivo, sono in sofferenza: una lieve riduzione del loro valore azzererebbe contabilmente il capitale.
E ora dovrebbero essere i depositanti a tenere in vita le banche!
Ma il mondo non progredisce alla rovescia e questa diabolica regolamentazione “disintermedierà” le banche accelerandone la crisi.
Sempre meno denaro vi affluirà perché i risparmi verranno parcheggiati nelle piattaforme di pagamento on line già funzionanti.
Depositi, trasferimenti di fondi, prestiti, trattamento di carte di credito, tutto e a costi minori, avverrà al di fuori del sistema bancario.
Tra una decina d’anni le banche, almeno come ora le conosciamo, forse non esisteranno più.
Evviva il mercato e l’innovazione imprenditoriale.
Una cosa, infine, deve essere assolutamente chiara: con interessi a zero o negativi la crescita è impossibile.
Se sono a zero, non esiste differenza tra il valore del denaro oggi e quello fra un secolo.
Se è impossibile remunerare la base di ricchezza della collettività, non esiste futuro economico.
Quando, poi, l’interesse è negativo (corrisponde cioè a una tassa), logicamente il debito ha un valore superiore alla liquidità e conviene indebitarsi.
Ma chi lo può fare?
Solo quella ristretta minoranza che detiene la maggioranza della ricchezza finanziaria e che può darla in garanzia per indebitarsi.
E questa capacità di indebitamento della minoranza su cui si concentra la ricchezza, corrisponde a quella sottratta alla maggioranza, impossibilitata a migliorare la propria posizione economica.
Non è stato sempre questo, nella storia, il presupposto delle rivolte sociali?
Tutto ciò è conseguenza della concentrazione del potere di controllo finanziario totalitario dei governi e dei banchieri centrali e dei loro impuniti esperimenti fiscali e monetari sulla pelle delle maggioranze le quali, purtroppo, fino ad oggi hanno avuto il torto di credere che la ripresa economica potesse essere attivata dai questi folli esperimenti.
La crisi geopolitica sta aggravando la situazione.
Ma non è una coincidenza.
Nel 1929 ci fu il grande crollo della borsa seguito dalla depressione, dalle guerre valutarie, commerciali e dalla guerra mondiale.
Nel 2008 c’è stato il crollo di borsa seguito dalla grande recessione, dalle svalutazioni competitive e… dalla guerra in Medio Oriente.
La storia non si ripete, ma sicuramente fa la rima.
Ricapitolando:
i presupposti dell’aggravamento della crisi sono: debito, pressione fiscale, emanazione di regolamentazioni repressive e peggioramento della situazione geopolitica.
Da Il Miglio Verde - di di GERARDO COCO
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