Governo: la bomba “sofferenze bancarie” ha imposto Saccomanni
da L'Indipendenza
Al netto del drammatico avvenimento di sangue occorso ieri mattina a Roma, oggi il governo guidato da Enrico Letta
affronterà la prima prova reale, ovvero il voto di fiducia della
Camera. Auguri, anche perché ne avrà bisogno.
E penso che, al netto di
quanto state per leggere, capirete con maggiore chiarezza il perché
della scelta di Fabrizio Saccomanni, uomo di Bankitalia e legato a Mario Draghi,
per il ministero dell’Economia e delle Finanze.
Le banche italiane,
infatti, scontano un problema ulteriore, nell’ultimo periodo, oltre alla
sottocapitalizzazione e all’indigestione di titoli di Stato che hanno
in pancia: le sofferenze, quelle che in gergo tecnico vengono chiamate non performing loans
(NPLs), fino ad ora un problema eminentemente spagnolo.
In Spagna,
infatti, questo problema è al centro della crisi fin dal 2007-2008,
quando le NPLs cominciarono a salire esponenzialmente per il crollo del
mercato immobiliare, immediatamente riverberatosi sui mutui facili
concessi dagli istituti nell’era della bolla di Zapatero.
Con l’aggravarsi della crisi e la crescita esponenziale della
disoccupazione, il dato ha raggiunto alla fine dello scorso anno la
percentuale mai raggiunta di oltre l’11% sul totale dei prestiti
concessi.
In Italia non si è conosciuto un collasso del mercato immobiliare
come quello spagnolo ma a causa dell’aumento della disoccupazione,
dalla metà del 2011 le banche italiane hanno conosciuto un’accelerazione
delle sofferenze che sta prendendo una traiettoria spagnola, seppur
ritardata nel tempo ma molto acuta. ..............
.
Come dimostra uno studio di JP Morgan,
il rischio è che questo trend – se non si inverta rapidamente e
decisamente il dato di occupazione e crescita – rischi di diventare un
pattern perfettamente simile a quello spagnolo, ovvero portare a un
futuro prossimo di ulteriore sofferenza per le banche italiane e,
quindi, di ulteriore contrazione del credito a imprese e privati.
Eppure, Francia, Italia e Spagna sono i tre Paesi che nel mese di marzo
hanno visto la maggior crescita di inflow nei depositi, rispettivamente
16, 15 e 11 miliardi di euro.
Il problema è che invece di essere
utilizzato come cuscinetto per un surplus di fondi che vada a garantire
la restituzione dei soldi presi in prestito dalla Bce nelle due aste
LTRO (all’1% per tre anni, con le banche italiane che hanno restituito
finora meno di tutte in Europa), sembra che quel denaro sia stato
canalizzato ancora e soltanto nel mercato obbligazionario interno.
Nel
solo mese di marzo, le banche spagnole e italiane hanno acquistato
titoli di debito dei loro Paesi rispettivamente per 16 e 11 miliardi di
euro, totalizzando un totale di 30 miliardi di euro di acquisti a testa
nel primo trimestre, contro i 16 miliardi della Francia.
E quando non ci
sarà più denaro per le banche di quei Paesi per acquistare debito?
O
quando i fondi pensione di quei Paesi avranno allocato al 100% i loro
portafogli in titoli di Stato?
O, peggio ancora, se il valore di quei
titoli scenderà a causa della risalita dello spread e di nuove
turbolenze?
Il governo Letta sa che questo tema non è
rimandabile e la cronaca di queste ore glielo avrà certamente ricordato,
visto il no del gip di Siena al sequestro miliardario ordinato dieci
giorni fa dai pm toscani che indagano sul derivato “Alexandria”,
stipulato dal precedente management di Monte dei Paschi con la giapponese Nomura.
Cosa c’entra tutto questo con il tema delle banche italiane?
Provo a spiegarmi. La stessa Mps, con un comunicato a Borsa chiusa
dello scorso 25 aprile, rendeva noto che .
Quindi, quei soldi che i magistrati volevano sequestrare, di fatto Mps
li doveva contrattualmente, sia a Nomura che a Deutsche Bank.
Ora parliamo chiaro, bread and butter, per dirla come dalle mie parti.
C'è il forte sospetto che l’Italia stesse per avere la sua Lehman Brothers e solo i soldi del governo Monti,
quelli di fatto pari all’importo dell’Imu sulla prima casa, abbiano
evitato a Mps questo destino.
La questione sta tutta nella natura del
contratto in essere, ovvero un “repo to maturity”, lo stesso che nel
novembre 2011 vide Jon Corzine e il suo fondo MF Global fallire, quando
la mancanza improvvisa di liquidità divenne una ghigliottina: la banca
pensava di incassare le cedole dei coupon per dar vita all’offsetting
del costo del finanziamento dell’operazione ma così non andò.
Per
capirci, al netto di un piccolo costo di finanziamento e di un capitale
allocato irrilevante (vista la natura stessa delle operazioni repo,
ovvero l’uso implicito della leva), quando la strumento d’investimento
sottostante si schianta – leggi i bond italiani per Mps – e la
controparte originaria si trova a dover affrontare una perdita massiccia
sulla variazione dei margini, parte una cascata di liquidazione che può
uccidere chiunque nell’arco di ore.
Fu così per Lehman Brothers, fu
così per MF Global.
Monte dei Paschi, invece, potrebbe
essere stata salvata per l’ennesima volta dal governo italiano, non per
cercare di facilitare l’opera del nuovo management nel risanamento
dell’istituto, bensì per tamponare l’epilogo tragico dell’operazione
“term repo”.
In parole povere, i circa 4 miliardi di salvataggio statale
di Monte dei Paschi, potrebbero essere serviti quasi interamente per
coprire margin calls sui contratti derivati con Nomura e Deutsche Bank.
E
quale sarebbe stata la scommessa persa da Mps?
Obbligazioni sovrane
italiane, quelle di cui sono sempre più ricolme le banche del Belpaese,
qualcosa come 351 miliardi di euro a fine febbraio.
Al cuore della
questione, infatti, ci sono rischiose scommesse sul debito italiano a
lungo termine, finanziate dalla banca senese attraverso due contratti di
riacquisto a lungo termine con Nomura e Deutsche Bank.
In questo tipo
di contratti, repurchase o repo, una parte utilizza assets (titoli di
Stato) come collaterale per racimolare fondi e garantisce di ricomprare
gli assets più avanti nel tempo a un prezzo prestabilito.
Ma se il
valore delle obbligazioni a garanzia del prestito varia a causa della
crisi dell’eurozona, le scommesse possono ritorcersi contro e Monte dei
Paschi si è vista costretta, da contratto, ad aumentare il collaterale a
garanzia del contratto con entrambe le banche controparti dello
strumento derivato.
Quindi, a meno che non si provi che Nomura – la
quale, ironia della sorte, ha rilevato proprio i rami operativi migliori
di Lehman Brothers – sia riuscita ad alterare artatamente il prezzo dei
bonds italiani nel corso della crisi, creando quindi dolosamente la
margin call per Mps, la richiesta dei pm di congelamento appariva fin da
principio un po’ azzardata.
Se si prova il dolo all’atto della stipula,
magari con il coinvolgimento del vecchio management connivente verso un
contratto chiaramente sfavorevole alla banca, ci si potrà rivalere: ma
il sequestro del collaterale dovuto, sarebbe stato un precedente
assoluto.
Il problema, poi, è altro: la dura realtà che
sottende le operazioni repo nel loro complesso.
Ovvero, evitare di dover
sborsare contante o postare collaterale in assets nella forma
convenzionale del prestito.
E visto che oggi come oggi, l’Europa è a
corto di collaterale di qualità e strapiena di carta da parati, quasi
tutte le banche in difficoltà sono totalmente dipendenti da operazioni
repo: insomma, decine di MF Global sono all’orizzonte, potenzialmente.
Il problema, poi, si aggrava, visto che le banche dei Paesi cosiddetti
periferici dell’Ue utilizzano operazioni repo per acquistare più titoli
di Stato possibili e una variazione significativa dei rendimenti di
quelle obbligazioni potrebbe innescare cascate di liquidazioni,
portandoci a una margin call dopo l’altra fino al prosciugamento della
liquidità in eccesso nella catena delle controparti.
A quel punto
dovrebbe intervenire la Bce con il programma OMT,
di fatto però ancora inesistente a livello legale e bocciato tre giorni
fa senza appello dalla Bundesbank.
L’alternativa?
Iniettare
direttamente liquidità nelle banche.
E cosa dirà Berlino in quel caso?
Capite perché è così importante il dato delle sofferenze bancarie in
aumento in Italia, se mixato a questo pericolo potenziale?
E perché
l’ottimo Saccomani, legato a doppio filo a Mario Draghi e deus ex
machian di Bankitalia, è diventato ministro dell’Economia, nonostante il
no di Silvio Berlusconi?
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