Ed il loro sistema economico, che è un abnorme mix di Stato Totalitario "Comunista" (tra virgolette...) e di Capitalismo, mostra sempre più i suoi limiti, le sue storture e le sue linee di rottura.
La Cina non ammette vie di mezzo:
c'è chi la vede come un Modello innovativo e come la Locomotiva Mondiale
e c'è chi la vede come un Gigante Fragile, pieno di contraddizioni...candidato ad essere il probabile detonatore del prossimo Patatrac....
Intanto la Borsa di Shangai si spara un bel rimbalzone da +2,87% sulle attese per un QE in salsa comunista-cinese ovvero sulle attese per un potenziamento degli investimenti nel settore pubblico da parte del nuovo Governo.
Da questo punto di vista tra la Borsa "di Stato" Cinese e le nostre Borse Occidentali ormai non c'è più nessuna differenza: i migliori trade si fanno solo sugli interventi straordinari delle Banche Centrali e dei Governi...
Pechino, il buco nero della finanza
L'allarme della Bank of China: troppi prodotti di risparmio gestito. Investimenti malati. Il mercato è destabilizzato e sull'orlo di una crisi.
da Lettera 43
Il problema è che i prodotti di risparmio gestito in circolazione, puntando ad alti guadagni in breve tempo. Con il rischio di essere destabilizzanti.
La Cina ha un problema di soldi che circolano per canali non convenzionali, troppi.
È il cosiddetto “credito ombra”, figlio di storture del sistema bancario cinese ma anche di un più generale trend internazionale, lo stesso che nel 2008 ha prodotto la crisi dei mutui subprime negli Usa. A ottobre, il presidente della Bank of China Xiao Gang aveva lanciato l'allarme dalle pagine del China Daily: ci sono in circolazione troppi wealth management products (Wmp, prodotti di risparmio gestito) – diceva – cioè troppi pacchetti per investitori “coraggiosi” (o temerari) che non si accontentano più di mettere i propri risparmi in banca, dove gli interessi sono bassi.
PRODOTTI TROPPO DESTABILIZZANTI.
Il problema è che questi prodotti, puntando ad alti guadagni in breve tempo, rischiano di essere destabilizzanti: finiscono quasi inevitabilmente nella bolla immobiliare.....Proprio come in Occidente............
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L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE NON GODE DEL PRIVILEGIO DEI SUSSIDI STATALI.
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UNA BOLLA QUASI FUORI CONTROLLO.
Oggi il Financial Times torna sull'argomento dicendo che la bolla è più grande che mai e pressoché fuori controllo: «L'economista di Ubs Wang Tao ritiene che non sia inferiore ai 13.600 miliardi di Rmb (2 mila miliardi di dollari), circa un quarto del Pil di quest'anno, ma potrebbe arrivare addirittura a 24.400 miliardi, cioè circa il 50% del Pil».
Un vero e proprio “schema Ponzi”, come l'aveva definito Xiao, cioè una catena di Sant'Antonio in base alla quale un investitore ha dei profitti che non derivano da attività produttive, ma dai soldi che lui stesso ha investito sommati a quelli di successivi investitori.
Funziona finché nessuno chiede i suoi soldi indietro, dopo di che, il castello di carte crolla rovinosamente.
.....Come in un buco nero, i soldi finiscono quasi sempre nel mattone. E il paradosso è che parte di questo flusso di denaro viene sottratto proprio alle banche di Stato, quelle che dovrebbero tutelare la stabilità del sistema.
LA CRESCITA DEI PREZZI IMMOBILIARI.
Il China Daily registra il sesto mese di fila di crescita dei prezzi immobiliari su tutto il territorio nazionale.
Anche nelle maggiori città, dopo un anno di tentativi “politici” per frenare la bolla, i prezzi hanno ricominciato a crescere.
A Pechino e Shanghai, un metro quadro di terra edificabile costa tra i 33 mila e i 36 mila yuan (tra i 4 mila e i 4.500 euro).
Siamo ormai ai livelli delle maggiori città europee.
Anche le imprese di Stato puntano sull'immobiliare
Il problema è che le stesse imprese di Stato, quelle che dovrebbero operare per il bene della Cina nel suo complesso e non solo per le tasche dei propri azionisti, puntano forte sull'immobiliare.
La rivista economica Caixin rivela che una filiale del China Metallurgical Group ha stabilito un nuovo record, aggiudicandosi il lotto di terreno più costoso della storia cinese nel centro di Nanchino: 5,62 miliardi di yuan (quasi 700 milioni di euro).
È evidente l'interesse immobiliare che sta dietro all'intera operazione, alla faccia di una legge varata un paio d'anni fa che stabiliva che le imprese di Stato avrebbero dovuto stare alla larga dal mattone.
I cinesi spiegano queste contraddizioni con una parola: corruzione.
L'IPOTESI DI UNA TERZA VIA.
Ma esiste una terza via, in Cina, tra credito bloccato delle banche di Stato e credito a rischio dei nuovi player finanziari di dubbia provenienza?
Caixin strizza l'occhio ad Alibaba, il grande gruppo dell'e-commerce che ormai da tempo si è messo sulla strada dei prestiti alle piccole imprese, come una vera e propria agenzia finanziaria.
I PRESTITI ALLE PICCOLE IMPRESE.
Una fonte anonima rivela che tra aprile 2010 e luglio 2012 la sua divisione Aliloan (che potremmo tradurre con un evocativo “prestito di Ali Baba”) ha prestato più di 26 miliardi di yuan a oltre 129 mila piccole imprese, spesso a gestione familiare, attraverso le sue piattaforme web aziendali.
Che i soldi siano poi stati effettivamente utilizzati a fini produttivi non è dato sapere.
Il China Daily, da parte sua, prende posizione intervistando l'economista ceco Tomas Sedlacek che ammonisce contro le eccessive speranze in un'economia cinese “all'americana”: boom dei consumi basati sulla carta di credito. «Il consumo interno va bene», dice l'accademico 35enne, «a patto che non si basi sul debito»......
Martedì, 04 Dicembre 2012
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