martedì 6 settembre 2011

Un occhio su Israele. Da crisi economica a crisi geopolitica?


Autore dell'articolo: Whisky Minsky


Da crisi economica a crisi geopolitica?

Sono pochi coloro che sanno come lo scorso 8 agosto, in seguito allo storico taglio del rating americano, S&P ha declassato anche il rating di diversi bond emessi da Israele ma garantiti dagli USA.

Dal comunicato stampa si legge:

Aug. 8, 2011--Standard&Poor's Ratings Services said today that it has lowered the ratings on all U.S.-guaranteed sovereign bonds issued by the State of Israel to 'AA+' from 'AAA'.
This rating action is in line with the rating action on the United States of America that took place on Aug. 5, 2011.
The sovereign credit ratings on Israel remain unchanged at 'A/A-1'.

The outlook is stable.

Quasi nessuno se ne è preoccupato ma in Israele il downgrade americano è stato quasi uno shock.
L
a borsa israeliana domenica 7 agosto è letteralmente crollata perdendo il 7%, il più grande calo dall’ottobre 2000.............................................



Le reazioni politiche poi non si sono fatte attendere.

Su Haaretz si poteva leggere infatti
:

S&P's unprecedented downgrade of the United States's sovereign debt rating from its spotless AAA to a lower AA + with a negative outlook on Friday caused great alarm at the Bank of Israel and the Finance Ministry. …
Officials in Jerusalem worried that Israeli exports to the United States could be cut dramatically as a result. Exports are the economy's main driver. …

A full 28% of Israeli exports, not including diamonds, are sent to the United States, worth a total of $11.6 billion.
This makes it Israel's biggest export market by far.
In addition, 12% of imports were sent from the United States in 2010, worth a total of $5.8 billion…
Israel has a string of trade agreements with the United States, including a free trade agreement, which made the economic superpower Israel's main export target.

E soprattutto:

Another risk to Israel is the possibility that Israeli debt may be downgraded in the wake of the U.S. downgrade, since the United States secures Israeli government debt.
The United States gave Israel $9 billion in guarantees in 2003
, at the peak of the second intifada, when Israel's economy was in dire straits
and then-Finance Minister Benjamin Netanyahu turned to the superpower for help.
This enabled Israel to raise money with the United States's AAA rating, as opposed to Israel's A rating, which would have necessitated paying higher interest rates.
For the past three years, S&P and Fitch had given Israel a rating of A Stable, and Moody's had rated Israel A1 Stable.

Inoltre dal The World Factbook della CIA scopriamo come Roughly half of the government's external debt is owed to the US, its major source of economic and military aid”.

Considerando quindi che sui titoli di stato a 10yr Israele paga già il 4,58% (ultimi dati disponibili) possiamo ben comprendere le preoccupazioni di Tel Aviv.














A maggior ragione se il governo israeliano deve contemporaneamente affrontare una crisi interna, rispondere agli attentati di Hamas e gestire i rapporti con l’Egitto.

Dalla metà di luglio, il premier
Benyamin Netanyahu sta infatti cercando di placare la protesta popolare contro il caro vita e la disintegrazione del welfare.
Migliaia di israeliani sono scesi in strada (sabato 6 agosto erano 300.000 solo a Tel Aviv) e molti giovani si sono accampati con le loro tende in tutto il paese per reclamare case a prezzi abbordabili e aumenti salariali in linea con l’inflazione reale.


Dal 18 diagosto, giorno dell’attentato a Eilat, Israele deve invece gestire l’escalation di tensioni con i paesi confinanti in particolar modo quelle provenienti dal confine con l’Egitto dove 5 poliziotti furono uccisi provocando un caso diplomatico e la vigorosa protesta del Cairo.

L’Egitto è un paese fondamentale per Israele in quanto è tra i suoi maggiori fornitori di petrolio (12,5%) e di gas (40%).
Proprio da Eilat parte un oleodotto lungo 260 km che arriva ad Ashkelon e rifornisce tutto il paese.
Tanto è vero che i generali dell’esercito hanno deciso per il momento di non lanciare controffensive per i lanci di razzi da parte di Hamas, così come riferito dalla radio militare, “per il timore di scatenare manifestazioni di massa in Egitto che potrebbero destabilizzare il governo messo in piedi al Cairo, e di mettere a rischio gli interessi israeliani all'estero”.

In altre parole temono che l’Islam radicale e fondamentalista possa prendere il sopravvento sulla debole democrazia egiziana.
Non a caso, due giorni prima degli attentati una delegazione dei principali responsabili di Hamas provenienti da Gaza e Damasco è stata segnalata in Egitto ufficialmente per negoziare uno scambio di prigionieri con Israele.
E proprio la violenta crisi del regime siriano potrebbero di riflesso ulteriormente destabilizzare il Cairo, visto anche lo storico rapporto che vige tra i due paesi (dal 1958 al 1961 formarono una unione politica denominata “Repubblica Araba Unita” e le due stelle verdi sulla bandiera siriana rappresentano i due stati).














Al momento, sembra che i tentativi dei terroristi stiano riuscendo ad innervosire ulteriormente Israele.
Si è avuta notizia
che Tel Aviv ha deciso di inviare due navi da guerra in più nel Mar Rosso per vigilare il confine egiziano in quanto teme un imminente attacco diretto al Sud del paese.

Ma oltre a monitorare i confini, le navi da guerra israeliane dovranno stare attente perché (sempre per soffiare ulteriormente sulla miccia già accesa...) l’Iran ha deciso di inviare nuovamente nel Mar Rosso un sottomarino e una nave da guerra.
L’ammiraglio iraniano Habibollah Sayari ha detto che la spedizione è una mossa simbolica per trasmettere il messaggio di pace e amicizia a tutti i paesi (che burloni!) quando si sa bene che andranno lì, oltre che per raccogliere dati e informazioni sulle navi da guerra in zona di altri paesi, per tentare di minacciare ulteriormente l’equilibrio della regione.

Se si vuole provare quindi a comprendere come le dinamiche geopolitiche in Medio Oriente incideranno sui mercati finanziari bisognerà monitorare mai come ora la situazione in Israele.
Un paese alla costante ricerca d’indipendenza, stretto in una morsa senza precedenti fatta di debolezza (economica e politica) del suo principale alleato, di nuove divisioni interne e “vecchi” attacchi alla sua esistenza che potrebbero sfociare in inediti ed importanti conflitti.

Whisky Minsky
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