Videmus nunc per speculum in enigmate. Un diario di navigazione nei mari (perigliosi) dell'informazione economico-finanziaria. Oltre i luoghi comuni e gli errori, oltre la dissimulazione e la censura, oltre i BLUFF(s) e le tifoserie. E' un Blog ("passionalmente") razionale&pragmatico di "filosofia macro-socio-economica" (il trading c'entra solo "incidentalmente"...o forse no...)
martedì 16 giugno 2009
Deflazione vs. Inflazione
Come anticipato, oggi presentiamo le ragioni degli Economisti che vedono come primario il rischio di "deflazione".
Proprio in risposta alle previsioni di super-inflazione messe in campo da Laffer, il premio Nobel per l'economia Paul Krugman invece sostiene l'opposto:
"Lasciatemi ribadire per 1600 miliardi di volte*, noi siamo in una trappola di liquidità. Ed in queste circostanze aumentare la base monetaria non porta all'inflazione".
*la liquidità messa in campo dalla FED che differisce dal dato fornito da Laffer di 1000 miliardi di dollari: non mi sembra una discordanza banale, cercheremo di approfondire.
Paul riporta il grafico della sindrome giapponese anni '90, una situazione esmplare di "liquidity trap" ovvero di quando una banca centrale abbassa il costo del denaro a zero, immette liquidità nel sistema senza ottenere effetti di rilievo: la recessione continua, il denaro non circola, il tasso di risparmio dei cittadini rimane alto, s'innesca la deflazione, la recessione peggiora.
Come si può vedere la base monetaria in Giappone era aumentata notevolmente senza impattare sull'inflazione.
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Lo stesso discorso secondo Krugman vale per l'altro grande esempio di "trappola di liquidità" ovvero gli Stati Uniti durante la Grande Depressione del 1929.
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Aggiunge Krugman che se la FED applica una politica espansionistica della base monetaria mentre le banche non allargano i cordoni dei prestiti e la gente tiene i soldi nel materasso, non si avranno effetti di rilievo.
Non per nulla il seguente grafico dimostra come il crollo nell'indebitamento dei privati sia stato solo rimpiazzato dal boom nell'indebitamento del Governo senza invertirne la tendenza: i cittadini americani, impauriti dalla crisi, continuano a risparmiare ed a ridurre la domanda, controbilanciando così le spinte inflattive.
"È possibile portare un cammello all'abbeveratoio, ma non lo si può costringere a bere": è una celebre massima degli economisti keynesiani che negli anni trenta era utilizzata per descrivere la cosiddetta trappola della liquidità. Durante la Grande Depressione del '29, in America il tasso di interesse nominale raggiunse lo zero senza innescare una ripresa economica e la temibile trappola di liquidità scattò inesorabilmente.
Come ben descritto qualche tempo fa dal Sole24ore:
...Tornando alla trappola della liquidità, come uscirne? Se la politica monetaria è inefficace, la ricetta keynesiana classica suggerisce di stimolare l'economia attraverso la politica fiscale, proprio quello che sta succedendo oggi in mezzo mondo per fare fronte alla brusca frenata dell'economia seguita alla crisi finanziaria e al razionamento del credito. Una riduzione di tasse o un aumento di spesa pubblica possono riavvicinare il reddito al livello di pieno impiego....
E sempre nello stesso articolo viene descritto come P. Krugman sia un grande esperto della "trappola di liquidità" grazie ai suoi studi degli anni '90 sulla sindrome giapponese.
...Più recentemente il premio Nobel Paul Krugman proprio durante la caduta dell'economia giapponese propose, invece, un modello dinamico per interpretare la trappola della liquidità: gli agenti economici prendono delle decisioni che riguardano non solo il presente ma anche il futuro, anello mancante dei modelli keynesiani della prima generazione. Una trappola della liquidità può verificarsi se la crescita attesa dell'economia è negativa. In questo caso, come si diceva, la propensione è a risparmiare oggi per poter consumare anche domani, quando il reddito potrebbe essere perfino più basso. La terapia, allora, secondo Krugman potrebbe essere una politica monetaria attiva che generi aspettative di inflazione...
Sempre in opposizione alla teoria della super-inflazione sentiamo l'opinione di un altro premio nobel per l'economia, Robert Lucas che ha affermato a Novembre 2008:
"L'inflazione non è la nostra preoccupazione più grande...La Recessione è il nostro problema più immediato.
In una crisi finanziaria le cose avvengono molto velocemente...La responsabilità della FED è di aumentare le riserve di liquidità, ed in questo senso stanno facendo il loro dovere...
Dobbiamo preoccuparci se la gente mette da parte le nuove riserve e continua a ridurre le spese? Questo sta accadendo sicuramente ma si possono sempre mettere in circolo nuove riserve.
Dobbiamo preoccuparci dell'inflazione? Sicuramente sì, come sempre. Ma adesso la recessione è il problema più immediato.
Se l'inflazione rialza la testa, le riserve possono essere riassorbite velocemente come sono state aggiunte.
...Io penso che se la FED persevererà nella sua politica monetaria aggressiva, le nostre chances di evitare una recessione più profonda di quella del 1982 siano molto buone. A questo punto io penso che sia la cosa migliore in cui possiamo sperare ed è molto meglio di una riedizione del 1929..."
Inflazione vs. Deflazione, Deflazione vs. Inflazione... tutti sono alla ricerca del male minore, della soluzione più indolore...perchè entrambe le strade sono dolorose, non dimentichiamocelo.
Secondo la mia modesta opinione, tutti e due gli scenari sono in gioco: per ora prevalgono i rischi di deflazione e abbiamo iniziato ad annaspare nella trappola di liquidità.
Ma se la ripresa che tutti invocano come un mantra arriverà, i rischi di una super-inflazione diventeranno predominanti e non sono così sicuro (come Lucas) che le banche centrali riusciranno a riassorbire velocemente la massa monetaria in eccesso, immessa in dosi da cavallo per evitare la recessione.
Ai posteri l'ardua sentenza...Purtroppo "i posteri" saremo sempre noi...e non qualche lontana generazione di homo sapiens....
aggiornamento ore 14.35
In effetti per ora la maggior parte dei dati macro confermano lo scenario deflattivo, vedi per esempio l'ultimo dato appena uscito sui prezzi alla produzione USA.
PREZZI ALLA PRODUZIONE IN PROGRESSO +0.2%
Il dato e’ inferiore alle attese del mercato. Le stime degli analisti erano per una variazione pari a +0.6%. Sotto le attese anche la versione "core" (-0.1% contro +0.1%).
aggiornamento 17 Giugno ore 16
altro segnale pesante di DEFLAZIONE
USA: PREZZI AL CONSUMO IN RIALZO +0.1% IN MAGGIO
E' deflazione: il costo della vita in America nei 12 mesi chiusi a maggio ha registrato il piu' forte calo annuale in circa 60 anni, cioe' dal 1950. Nel mese di maggio l'indice dei prezzi al consumo, (CPI) negli Stati Uniti ha registrato una variazione positiva dello 0.1% rispetto al mese precedente.
Il tasso annuale e' cosi' sceso sui livelli record dell'1.3% dal -0.7% del mese precedente e rispetto alle attese che erano in media per un calo dello 0.9%. Il costo della vita in America nei 12 mesi chiusi a maggio ha quindi registrato il piu' forte calo annuale in circa 60 anni, cioe' dal 1950.
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