Videmus nunc per speculum in enigmate. Un diario di navigazione nei mari (perigliosi) dell'informazione economico-finanziaria. Oltre i luoghi comuni e gli errori, oltre la dissimulazione e la censura, oltre i BLUFF(s) e le tifoserie. E' un Blog ("passionalmente") razionale&pragmatico di "filosofia macro-socio-economica" (il trading c'entra solo "incidentalmente"...o forse no...)
martedì 26 maggio 2009
Antica Filosofia Bancaria
Leggevo recentemente questa frase di "antica filosofia" scritta da Luigi Einaudi in veste di Governatore della Banca d'Italia.
Correva l'anno 1945...
«Le banche non sono fatte per pagare stipendi ai loro impiegati o per chiudere il loro bilancio con un saldo utile ma devono raggiungere questi giusti fini soltanto con il servire meglio il pubblico».
Filosofia molto "fuori moda" che la Crisi ha fatto forzatamente tornare di moda, almeno per un po'...fino a quando durerà "l'onda dell'indignazione"...(sta già calando).
La citazione proviene da un bellissimo articolo di Marco Vitale comparso ieri sul Sole 24 Ore on-line: "Sbagliare non era obbligatorio". Ne consiglio vivamente la lettura.
Attualizzando Einaudi: fare utili, pagare bonus o stock option non sono obiettivi fini a se stessi ma sono collegati in modo imprescindibile al fornire il migliore servizio possibile ai propri clienti ed in ultima istanza alla società civile.
Le banche infatti svolgono una funzione socialmente molto rilevante che le assimila sostanzialmente ad istituzioni pubbliche anche se sono a conduzione e proprietà privata.
La dimostrazione di questa natura ibrida l'abbiamo avuta proprio durante questa Crisi: le banche sono aziende private ed indipendenti solo fino a quando riescono a rimpinguare azionisti e manager con metodi redditizi ma molto pericolosi, che mettono a repentaglio la sopravvivenza stessa della banca.
Quando invece le cose vanno male, allora la banca "non può essere lasciata fallire" e deve intervenire lo stato con i soldi dei contribuenti.
Comodo vero?
Le banche prendono i nostri soldi due volte: i nostri risparmi che hanno dilapidato con la malagestione ed i soldi delle nostre tasse sotto forma di salvataggi di stato...
Detto in altre parole i soldi delle nostre tasse sono stati necessari per garantire la salvezza dei nostri risparmi: ci siamo autogarantiti!
Ma questo circolo, vizioso quanto paradossale, ha sottratto preziose risorse future allo sviluppo, ai servizi, alla ricerca, alle infrastrutture, all'economia reale etc etc
Non è forse paradossale che le banche siano imprese private quotate in borsa "che non possono essere lasciate fallire"?
Non si crea una pericolosa situazione di moral hazard che autorizza i banchieri a giocare al casinò quanto gli pare puntando i nostri soldi...tanto saranno sempre i nostri soldi a salvarli se qualcosa andasse storto?
Non si crea forse un'asimmetria tra "le banche intoccabili" e le altre imprese quotate in borsa (e non quotate) che se sbagliano pagano e falliscono?
Non andrebbe ripensato lo statuto delle banche ed il loro modus di essere quotate in borsa?
Non andrebbe ripensato lo status solo apparente di banca come impresa mentre nella realtà è un comitato di affari a vantaggio di poche persone, con la protezione dello stato se necessario?
La Grande Crisi rappresenta anche una Grande Occasione di Cambiamento: naturalmente non è stata sfruttata ma tutto è stato "coperto", ripristinato, aggiustato...
E' stata scelta la via del collateralismo e non quella della ristrutturazione.
Si è fatto finta di cambiare tutto affinchè tutto rimanga come prima.
Ma non è detta l'ultima parola...
aggiornamento ore 11
Aggiungo un esempio pratico:
se io investo i miei soldi in un'azienda quotata inserita nella black list di Consob (azioni o bond) so benissimo quali rischi corro e so benissimo che posso perdere i soldi investiti. Pertanto tenderò a selezionare gli investimenti in aziende più efficienti e sicure.
Per le banche questo discorso non vale a causa del pessima strategia prevalsa in questi mesi: salviamo tutte le banche ad ogni costo.
Posso quindi comprare azioni, bond & affini anche di una banca zombie, tecnicamente fallita, contanto sul puntuale salvataggio dello stato (a spese nostre) e speculandoci (quasi) tranquillamente.
Alla faccia del libero mercato, della selezione naturale ed alla faccia delle (poche) banche solide ed efficienti che in questo modo non vengono premiate per le loro virtù.
Il discorso della tutela dei conti correnti è cosa differente: ne abbiamo già parlato tempo fa in questo blog (vedi per esempio la distinzione tra risparmio consapevole e risparmio inconsapevole in Si inizia a parlare di nazionalizzazione delle banche).
Nazionalizzare o lasciar fallire una banca non vuol dire assolutamente perdere i propri soldi sul conto corrente.
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